Il supercarcere

 

Con l'espandersi della violenza dovuta al terrorismo armato, nel 1977 si decise di trasformare Castel San Giacomo di Favignana in carcere di massima sicurezza. In quegli anni, anche altri istituti carcerari furono trasformati in carceri speciali: Cuneo, Nuoro, Asinara, Fossombrone, Trani, Termini Imerese, Pianosa, Novara, Voghera. Dei 700 detenuti nelle carceri speciali nel 1977, 128 erano brigatìsti rossi. In quel periodo, ci furono rivolte nelle carceri di Milano, Torino, all'Asinara e a Favignana. Nel 1975 i brigatìsti reclusi nel carcere di San Giacomo organizzarono una rivolta asserragliandosi con degli ostaggi, fu chiamato il giovane giudice Giovanni Falcone ad affrontare e risolvere il problema. Nel 1978 tentarono la fuga tre detenuti politici. Essi si nascosero nella intercapedine, che serviva per coprire il vecchio tetto a volta, portando con sé un po' di provviste e sperando in un momento favorevole. In un primo momento, si pensò che una guardia li avesse aiutati nella fuga. Dopo tre giorni furono scoperti grazie al racconto di un agente di custodia Se fossero riusciti a scappare da quel carcere, oramai classificato di massima sicurezza, sarebbe stata una vera beffa per gli addetti ai lavori. L'ora d'aria (che in realtà durava sei ore) fu diminuita a tre ore al giorno. In quel frangente, l'isola visse giorni di angoscia. La prima sera dell'accaduto i vardiani giravano armati fuori dal carcere controllando le vie vicine poco illuminate; erano visibilmente nervosi. Ricordo che, uscendo di casa per andare in piazza, decisi di passare dalla strada semibuia situata dietro la vecchia centrale elettrica (confinante con il carcere) e dal buio spuntò fuori un agente armato che, con tono sbrigativo, mi disse: cambia strada e stai attento. Riconobbi in lui un compagno di scuola, che non vedevo da anni. Egli mi spiegò velocemente cosa era successo. Quelle sere, quando mi ritiravo in casa, mi guardavo alle spalle e pensavo: se gli evasi fossero ancora da queste parti? Concludevo pensando: ma tu guarda cosa mi devi capitare nel mio paradiso isolato! Un giorno, trovandomi nell'isola per trascorrere un periodo di vacanza, ebbi modo di notare come fosse cambiato l'ambiente. La sera, due jeep con un grosso faro di luce bianca montato sul tetto e con a bordo un gruppetto di carabinieri e un cane lupo, giravano continuamente intorno al carcere per tutta la notte, una in senso orario e l'altra in senso antiorario, in modo da potersi incrociare e riferendosi qualsiasi movimento anomalo tramite la radio."' Questo avveniva sotto gli occhi di tutti, perché il carcere San Giacomo si trova in mezzo al paese. L'Amministrazione Comunale di allora era preoccupata per l'inevitabile disagio causato agli abitanti ed ai turisti, che si sentivano infastiditi per quello che avveniva, soprattutto chi abita li vicino o chi per rientrare a casa passava da quelle parti. Infatti mentre una notte d'inverno, dopo aver lasciato gli amici contenti per aver fatto insieme a me un'ottima pesca di gronchi, mi accingevo a rientrare in casa acchianannu pu casteddu (salendo per il castello) presso il carcere attraversando la solita via Simone Corleo. Avevo la barba folta, la pipa in bocca e un berretto di lana in testa. Mi avevano notato subito come una faccia nuova. Perché non erano i soliti "vecchi" carabinieri, che conoscevano tutti; per fare questo servizio ne erano venuti altri appositamente. Io li vidi prima puntarmi gli occhi addosso, squadrandomi dalla testa ai piedi; poi, allontanandosi con la jeep, cominciarono a parlarsi con la radio. Capii che avevano deciso di fermarmi. Arrivato vicino alla casa dove abitava Eduardo Carriglio, vedevo già la vecchia centrale elettrica e la casa popolare dove abitava mia madre. Come un fulmine arriva una jeep con i fari puntati, mentre l'altra continua a girare attorno al carcere. Scendono e puntandomi contro il mitra mi intimano: alt! Spalle al muro! Documenti come mai in giro a quest'ora? Mentre rispondo, dico a due di loro che a distanza di circa tre metri mi puntavano il mitra dritto alla pancia, di abbassarlo, lo fecero dopo averglielo detto il loro superiore. Mi dissero di levarmi il berretto perché volevano vedere se ci nascondevo qualcosa, mi controllarono la pipa ed annusarono la busta contenente il tabacco. Da uno di loro sono stato perquisito per tutto il fisico, quando mi hanno restituito indietro i documenti, seguì un silenzio totale imbarazzante, io poi ebbi l'idea di aggiungere: "Guardate, i miei familiari abitano lì in quella palazzina davanti". E ancora: "Sono il fratello di Ciccino, lo conoscete sicuramente è una persona simpatica, si fa conoscere da tutti". A questo punto si sblocca la situazione. Un giovane carabiniere dice: "Ah! Sì, lo conosco, è quello balbuziente!" Fu così che decisero di lasciarmi andare, dandomi la buona notte. Risposi al saluto, ma restai indignato per molto tempo. Ancora oggi penso quello che mi è capitato sotto casa, nella mia isola dove si viveva veramente liberi! Essere fermati in quel modo, rispondere perché si rientra la notte, non riuscivo a crederci.

 

 

Dal libro di Michele Gallitto "Egadi Ieri ed Oggi"